Scritto da Noemi Muratore
“Don’t buy this jacket” è lo slogan di una pubblicità di
“Patagonia”, un
marchio d’abbigliamento leader nel segmento outdoor fondato nel 1973 a Ventura,
in California, da Yvon Chouinard, un climber di fama internazionale che, come
si legge tra le pagine del suo libro, “Let My People Go Surfing”, si definisce
in affari solo per salvare la terra. Negli ultimi anni l’azienda è stata
considerata tra le più sostenibili al mondo, non solo per quanto riguarda il
rispetto dell’ambiente nei metodi di produzione, ma anche con riferimento
all’offerta di condizioni di lavoro umane, orari flessibili, assistenza
sanitaria e pagamenti dignitosi.
La mission
dell’azienda, fortemente ispirata allo stile di vita del fondatore, è quella di
creare prodotti di alta qualità adottando una serie di misure eco-friendly. Tra
queste la volontà di Patagonia di appoggiarsi a fabbriche e stabilimenti in
grado di condividere quei valori di integrità e ambientalismo di cui si fa
portatrice. Per questo nella scelta di uno stabilimento considera sia una serie
di fattori qualitativi aziendali (tecnologie, know-how, ubicazione, prezzi,
servizio clienti, puntualità nelle consegne) sia le performance
socio-ambientali offerte ed è per questo che il team addetto alla
responsabilità socio-ambientale (CSR) ha la facoltà di vietare la
collaborazione con i nuovi stabilimenti che non soddisfano gli standard
previsti.
Inoltre, al fine di garantire al consumatore
finale capi amici dell’ambiente, Patagonia si serve solo ed esclusivamente di
materiali ecosostenibili come cotone organico, poliestere riciclato, nylon
proveniente da fibre di scarti post-industriali e filati raccolti in aziende
tessili o ancora lana ricavata dagli allevamenti di pecore gestiti in modo
sostenibile nelle praterie della Patagonia e, infine, canapa e TENCEL, fibra
ottenuta dalla polpa di alberi d'eucalipto. Ancor più sorprendente, soprattutto
considerando che si tratta di un’azienda profit, è che i capi realizzati siano
prodotti con l’obiettivo di durare per anni e che possano essere
riparati, così da non doverne acquistare di nuovi. A tal proposito il marchio
ha creato un programma, “Worn Wear”, che celebra le storie di alcuni personaggi
attraverso gli indumenti che li accompagnano nelle loro avventure. E quando tali
indumenti non possono più essere riparati, i capi Patagonia hanno comunque la
possibilità di essere riciclati.
Di questo originale
piano di CSR fanno parte anche donazioni ambientaliste e supporto agli
attivisti. In particolare l’azienda devolve ogni anno l’1% dei propri profitti
a piccoli gruppi locali, i quali spesso hanno uno staff di meno di cinque
persone e sono gestiti interamente da volontari, ma che sono impegnati a
cambiare concretamente le cose per salvaguardare il pianeta. Patagonia
preferisce destinare sovvenzioni più modeste a centinaia di gruppi, piuttosto
che devolvere ingenti somme per un limitato numero di cause, perché crede che
quel denaro possa davvero fare la differenza; inoltre, non concepisce queste
donazioni come beneficenza o filantropia nel senso più tradizionale del
termine, ma crede che facciano parte del prezzo da pagare per fare business,
quella che definiscono "Earth Tax", destinata a mitigare i danni
ambientali che contribuiscono a provocare.
Incredibilmente Patagonia
nel 2016 ha registrato ricavi per $7500000.